CONVEGNO "MISERICORDIAE VULTUS"

Palazzo della Cancelleria, 31 marzo-1° aprile 2016

Una sorta di “esplorazione speleologica”, per conoscere il “fiume carsico” della misericordia «che vivifica incessantemente l’intero campo della Chiesa». Il cardinale Mauro Piacenza ha illustrato così le finalità del convegno sulla Misericordiae vultus apertosi nella mattina di giovedì 31 marzo alla Penitenzieria apostolica.

Il più antico organismo della Curia è del resto a tutti gli effetti un “tribunale della misericordia”. E organizzando la due giorni che si conclude venerdì 1° aprile, intende interrogarsi sui fondamenti teologici della tematica giubilare e sulla considerazione della Chiesa per il servizio della misericordia, soprattutto tramite il sacramento della riconciliazione. Nella prolusione il cardinale penitenziere maggiore ha preso spunto dall’immagine evocata dal Pontefice al numero 10 della bolla d’indizione dell’anno santo straordinario: «L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia». Questo elemento architettonico, ha spiegato, «presuppone l’esistenza di un edificio e invita a considerare la Chiesa come la domus aurea che ha quale unico fondamento Cristo».

Quindi il porporato si è soffermato sulla visibilità e lo splendore di questo architrave, poi sui suoi presupposti e la sua struttura, infine sulla sua insostituibile funzione. Quanto al primo aspetto il cardinale Piacenza ha fatto notare come non vi sia mai stata «un’epoca nella quale la Chiesa non abbia annunciato il Vangelo della misericordia». Anzi, essa «ha dovuto affrontare più volte la perenne tentazione dell’uomo di salvarsi autonomamente», ma ha anche sempre risposto difendendo e riaffermando «l’assoluta gratuità della misericordia, la quale esige pentimento, ma rimane infinitamente più grande di ogni umana bruttura».

In riferimento alle colonne portanti dell’architrave della misericordia, il cardinale Piacenza le ha individuate nella «libertà divina che crea» e nell’«esistenza dell’uomo creato». Il trait d’union tra le due realtà è Gesù. Infatti sulla misericordia del suo «cuore divino-umano si edifica la Chiesa, sacramento universale di salvezza e ministra della misericordia». Non solo, «dentro la Chiesa, per mezzo del ministero apostolico, l’architrave della misericordia si “prolunga” man mano che, per la grazia della vocazione, la libertà creata di un uomo risponde al dono della chiamata e si offre nel sacerdozio ministeriale».

Infine, parlando dell’ultimo aspetto, il penitenziere maggiore ha sottolineato che la misericordia «sorregge a sua volta tutta la vita della Chiesa». Anzitutto perché quest’ultima «si sviluppa per un atto sempre nuovo della misericordia di Cristo, che attraverso il ministero ecclesiale consacra il battezzato e gli comunica la propria vita». E in secondo luogo, perché «tale principio della Chiesa non consiste in un “inizio cronologico”, da lasciarsi alle spalle, ma in un “principio ontologico”», che «costituisce così l’unica, sempre necessaria e nuova “origine”».

È seguito l’intervento della teologa Bruna Costacurta, docente alla Gregoriana, incentrato sulla figura di Cristo «volto della misericordia del Padre». Per ribadire che è «Gesù il vero e definitivo pane disceso dal cielo», la relatrice ha spiegato come durante la vita pubblica, Cristo abbia «incessantemente operato e parlato per convincere gli uomini del loro bisogno di salvezza». E per far meglio comprendere l’offerta di perdono da lui portata, Costacurta ha accennato al procedimento israelitico del rîb, “controversia” giuridica «che si svolgeva bilateralmente e prevedeva che la vittima si rivolgesse al colpevole accusandolo del reato commesso, con lo scopo di convincerlo della sua colpa così che questi, riconoscendo il male, se ne potesse liberare e fosse possibile la riconciliazione». Del resto, ha osservato la relatrice, «alla base del rîb c’è l’amore, che non resta indifferente e non sorvola sul dolore patito dalla vittima». E naturalmente ciò vale anche per il sacramento della riconciliazione, in cui «il penitente, confessando le proprie colpe, accetta il perdono che gli viene offerto. Esso deve però essere accolto, ed è quanto avviene nel momento in cui il penitente riconosce di averne bisogno, rinnega il male fatto e si apre alla gioia della riconciliazione». E, ha concluso la teologa, «questo percorso di salvezza, che la Scrittura presenta come cammino privilegiato per rispondere al male con l’amore e così vincerlo, trova il suo compimento nel Signore Gesù».

La mattinata si è chiusa con la relazione del benedettino Francesco De Feo, del Pontificio istituto Sant’Anselmo, incentrata sul numero 24 della Misericordiae vultus: «Tutto in Maria è stato plasmato dalla presenza della misericordia fatta carne». Una lettura mariana del tema, attraverso antiche preghiere e inni liturgici che invocano «Maria, madre di misericordia, rifugio dei peccatori, avvocata nostra e porta del cielo».

L'Osservatore Romano, 1° aprile 2016

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